Skip to main content

Mobbing

Con il termine mobbing si vuole individuare quella tecnica messa in atto dal datore di lavoro o da colleghi al fine di sollecitare un allontanamento volontario del lavoratore dal posto di lavoro. Secondo la Corte di Cassazione: “per mobbing, riconducibile alla violazione degli obblighi derivanti al datore di lavoro dall’art. 2087 c.c., deve intendersi una condotta nei confronti del lavoratore tenuta dal datore di lavoro, o del dirigente, protratta nel tempo e consistente in reiterati comportamenti ostili, che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica da cui consegue la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi dell’equilibrio fisiopsichico e della personalità del medesimo” (Cass. Civ. Sez. Lav. N. 7382 del 26 marzo 2010).

Straining

Lo straining, invece, viene definito come una situazione lavorativa conflittuale di stress forzato, in cui la vittima subisce azioni ostili limitate nel numero o distanziate nel tempo (quindi non qualificabili come mobbing), tale da provocarle una modificazione in negativo, costante e permanente, della condizione lavorativa. Lo stress forzato può essere provocato appositamente ai danni della vittima con condotte volontarie e discriminatorie e può anche derivare dalla costrizione della vittima a lavorare in un ambiente di lavoro disagevole, per incuria e disinteresse nei confronti del benessere lavorativo.

Demansionamento

Si parla di demansionamento nel caso in cui il lavoratore si trovi a svolgere mansioni previste per livelli contrattuali inferiori rispetto a quello per il quale è stato assunto.

L’art. 2103 del codice civile afferma che “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte”.

Ovviamente anche la retribuzione deve essere commisurata alle prestazioni rese e non può essere inferiore rispetto a quella contrattualmente prevista.

Questo non significa che il datore di lavoro non possa impiegare il dipendente a mansioni differenti rispetto a quelle ipotizzate in sede di assunzione, purché le mansioni alle quali adibire il lavoratore siano pari o equivalenti a quelle per le quali è stato assunto.

Nel caso in cui il lavoratore si trovasse ad espletare incarichi di grado o professionalità inferiore rispetto a quelle contrattuali, potrebbe in ipotesi ben rifiutarsi di eseguire la prestazione e adire l’Autorità Giudiziaria al fine di vedersi reintegrare nelle mansioni contrattuali inizialmente previste ovvero in mansioni di livello superiore.

Dal punto di vista pratico il lavoratore solitamente sceglie di eseguire ugualmente la prestazione affidatagli per poi rivolgersi al Giudice del Lavoro.

Oltre alla richiesta di reintegra, nel caso in cui il lavoratore sia in grado di provare che ha subito anche un danno all’immagine, alla professionalità o un danno fisico, può anche chiedere il risarcimento del danno stesso.

Approfondimenti

Elementi per riconoscere il mobbing

Quando si può parlare di mobbing e quali prove devono essere portate davanti al Giudice per essere risarciti in modo giusto? Non è semplice dare una risposta...

Danno da stress lavorativo

Durante il rapporto di lavoro il dipendente può trovarsi ad affrontare situazioni particolarmente gravose dovute a scadenze, progetti importanti, mancanza te...

Quando il datore di lavoro può assegnare mansioni inferiori

L’art. 2103 del codice civile prevede che: “il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquad...